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  • ♦ LIEVITO SPORTIVO #5 (seconda parte)

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    Lievito Sportivo, una rubrica in pillole che racconta il mondo di Laureus Italia a cura di Gianni Ghidini, coordinatore educativo della nostra fondazione.

    Riassunto prima parteDopo mesi di appostamenti, Kevin, 10 anni, si avvicina all’allenamento di basket, prima un po’ titubante, insicuro di se stesso, poi, dopo i primi complimenti per il suo gioco, prende fiducia nell’allenatore e nei compagni…

    All’uscita non ho esitato ad andare dall’educatrice di riferimento della comunità famiglia nella quale vive, e facendo in modo che lui ascoltasse gli ho ribadito la bellezza dei suoi gesti, confermando il concetto chiave, “ogni allenatore lo vorrebbe”

    Cercavo di mettere l’unguento sulla ferita più grave, il rifiuto.

    All’allenamento successivo, esattamente una settimana dopo, mi si avvicina e mi chiede se gli conservo i suoi soldi.  È la prima volta in un anno che lo fa. Mi lascia qualcosa di valore, di sua proprietà, da conservare. Insieme al denaro anche alcune figurine di calciatori: “sono rare” mi dice.

    Nel corso dell’allenamento ripete la stessa prestazione. Passa la palla ai compagni da palleggio in modo mirabile. Un talento.

    Mi guarda un po’ sott’occhio, dopo che ha fatto qualcosa di bello. Gli rispondo mostrandogli il pollice alzato. Nessuna enfasi. Spero che i miei occhi parlino per me.

    Ultimo giorno dell’anno. Ultimo allenamento.

    Chiedo ai bambini di riusnirsi in uno strettissimo cerchio di saluto, con le mani destre una sull’altra, è il nostro rituale, e lascio a loro come sempre la parole. Uno dice “che brutto è finito il basket”, un altro che “questa estate si allenerà al campetto”, un altro ancora che “Kevin è diventato forte”.

    Dico loro che ogni mercoledì, giorno dell’allenamento, sentirò la loro mancanza, li saluto con ALEEEEEE’ che tutti urliamo facendo volare le nostre mani verso l’alto.

    Tutti si avviano all’uscita.

    Vedo Kevin che indugia sulla porta e ritorna verso di me. Mi inginocchio per essere all’altezza dei suoi occhi neri.

    “Maestro” mi chiede “ma sei sicuro che sono diventato bravo, oppure scherzavi?”

    Il dubbio di Kevin in una frase condensata la sua vita.

    Trattengo a stento la voglia di abbracciarlo, ma sarebbe stato un errore, cerco di tenere la voce salda. Gli dico: “A dire il vero, che tu sei bravo lo hanno detto gli altri. Lo ha detto lo sport. Io ti ribadisco che un allenatore, uno come te, che sa fare dei passaggi perfetti che consentono agli altri di segnare, lo vorrebbe sempre con sé”

    Se ne va di corsa, senza salutare. Torna dopo pochi secondi con un foglietto.

    Ti invito alla festa del mio compleanno.

    La domenica pomeriggio gli ho portato un pallone da basket in regalo alla sua festa con scritto sopra in pennarello: diventa sempre più bravo. Firmato: Laureus Sport For Good. Il nostro motto più bello

    Kevin non ha più smesso di giocare, adesso c’è il lupo che gioca a pallacanestro insieme ai suoi compagni ed al suo allenatore.

    On 27/08/2018
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  • ♦ LIEVITO SPORTIVO #6

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    Lievito Sportivo, una rubrica in pillole che racconta il mondo di Laureus Italia a cura di Gianni Ghidini, coordinatore educativo della nostra fondazione.

    Sono un allenatore che ha aderito al modello Laureus, sono in palestra e penso.

    Attraverso il progetto Laureus mi arrivano tanti bambini che hanno già collezionato delle discrete ferite nella loro esistenza.

    Vorrei allenarli a diventare utilizzatori delle proprie risorse, aiutandoli a trasformare in forza i colpi ricevuti.

    Anzi forse proprio in virtù di quelle spinte, riuscire a di rimbalzare di riprendere la forma originaria ed ancor di più.

    Non mi rimane che essere pretenzioso. Infondere loro la logica dell’orgoglio per i risultati che riusciremo a raggiungere.

    Fatica, sudore, determinazione e gioia. Questo sarà il nostro pane quotidiano.

    Vedranno nei miei occhi feriali la luce che li invoglia a camminare sempre.

    On 22/08/2018
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  • ♦ LIEVITO SPORTIVO #5 (prima parte)

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    Lievito Sportivo, una rubrica in pillole che racconta il mondo di Laureus Italia a cura di Gianni Ghidini, coordinatore educativo della nostra fondazione.

    Dopo sette mesi di spostamenti, appostamenti, fughe, avvicinamenti, attacchi, sempre muovendosi ai margini, Kevin, dieci anni, si avvicinò al cuore dell’allenamento.

    Ha girato al largo per un anno intero. Ha osservato a distanza il mio essere allenatore di pallacanestro, la mia affezione con gli altri.

    Ogni tanto qualche cinque minuti con il gruppo, ma poi via ostile e diffidente, sempre lontano a rifugiarsi sulle alture della palestra.

    Mi ha ricordato le movenze di un animale selvatico, di un giovane lupo.

    Prima di accettare una relazione con degli adulti, se questi non mi hanno voluto, se mi hanno fatto del male, se mi hanno illuso, se mi hanno sedotto e poi abbandonato, li devo annusare per bene prima di avvicinarmi ancora. Li devo mettere alla prova”

    “Il ricordo di una mano tesa, di un sorriso, di una promessa e poi…  il sentire di non riuscire ad essere chissà che, sufficientemente “bello, buono, bravo, simpatico, intelligente…”, ed allora invece di soffrire, tanto vale non essere un niente di buono, così da non alimentare nessuna speranza

    Quindi, nessun impegno in allenamento, a scuola non parliamone, scherzi a tutti, sgambetti, sberle, insulti, alzate di spalle di fronte ai rimproveri, parolacce e poi via, sulle alture a guardare torvo.

    Kevin in un pomeriggio di maggio, dopo che un temporale aveva decimato il gruppo in palestra, si è unito all’allenamento ed ha giocato.

    Stavamo svolgendo una partitella di minibasket. La palla casualmente capita nelle sue mani.

    Palleggia in malo modo ma ad un certo punto fa partire dalle sue mani un passaggio teso, preciso, un tracciante. La palla gli esce veloce dal petto e si deposita nelle mani di un bambino sotto canestro che, stupito, libero da sotto, segna!

    È il bagliore che il ricercatore d’oro, un po’ sfiduciato, attendeva da tempo che comparisse tra la sabbia e la ghiaia.

    Sono affezionato a questa idea. L’”allenatore  Laureus” come un cercatore d’oro, con tutta la carica di folle speranza che animava questi personaggi. Instancabili lavoratori, passavano al setaccio con occhio vigile centinaia di metri cubi di materiale senza perdere la speranza. Ma quando finalmente vedevano un luccichio, ecco il lampo negli occhi ed il sorriso che si apriva come un sole.

    L’allenatore ferma l’allenamento. “Tutti qui!” urla. Kevin arriva per ultimo e non si avvicina del tutto. Rimane a cinque metri di distanza.

    Non si illude il lupacchiotto Kevin. Per ben due volte le famiglie a cui era stato affidato non erano riuscite a stare con lui e l’avevano rimandato alla comunità minori nella quale è inserito.

    Bravo Kevin, bellissima palla, questo è il gesto tecnico che più fa impazzire gli intenditori di basket, il passaggio smarcante, l’assist. Uno come te, uno che sa fare questa cosa, ogni allenatore lo vorrebbe sempre in squadra con sé

    Il suo volto era incredulo, spiazzato come se lo stessi canzonando. Sta di fatto che in quello stesso allenamento non uscì più dal campo, fece altri due passaggi smarcanti, ed un canestro. Ogni volta guardava a terra, sorridendo.

    Non so se i lupi sorridono sornioni ma Kevin sì.

    On 10/08/2018
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  • ♦ LIEVITO SPORTIVO #4

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    Lievito Sportivo, una rubrica in pillole che racconta il mondo di Laureus Italia a cura di Gianni Ghidini, coordinatore educativo della nostra fondazione.

    Sono un allenatore che ha aderito al modello Laureus, sono in palestra e penso…

    Penso che i bambini assorbono tutto.

    Sono come delle spugne.

    Avranno assorbito anche il mio nervosismo, il mio pressapochismo, le paure, l’amarezza, la poca fiducia nei loro confronti, la poca vita che ogni tanto trasmetto.

    Poi sembrano dimenticare.

    Ma poi temo che rispunti tutto.

    Quando la testa è sul cuscino o dentro la cartella, oppure davanti ad una scelta con la palla in mano.

    Devo essere più presente a me stesso, avere chiaro nella testa e nel cuore che il patrimonio interiore dei bambini dipende anche da me, non tanto in relazione a quello che dico, ma dalla dose di desiderio che riesco a comunicare.

    On 10/08/2018
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  • ♦ MARCO CICERONI: ESPERIENZA DI UN ALLENATORE DI BASKET

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    Perché si diventa allenatori?

    Una vocazione, l’opportunità di un piccolo guadagno, l’età non più idonea per continuare a giocare. Oppure il caso. Oppure una rivincita.

    Marco è un allenatore di basket al suo secondo anno di progetto Laureus e allena i bambini della scuola elementare I.C. Sangallo di Ostia.

    E’riuscito a fare della sua passione il proprio mestiere, ma questo è avvenuto attraversando non poche difficoltà.

    Ci racconta che ha iniziato a giocare a basket all’età di 5 anni – ora ne ha 38 – descrivendosi come un bambino non bravissimo, ma che giocava con grande passione ed impegno perché lo divertiva e lo rendeva felice.

    All’età di 17 anni la società lo relegò in una squadra di seconda fascia che nessuno voleva allenare perché ritenuti troppo scarsi. Si alternarono vari coach ma nessuno si appassionò a loro.

    Queste situazioni portarono Marco ed i suoi compagni a non sentirsi considerati e soprattutto a non avere un adulto di riferimento che potesse credere in loro.

    Questa fu una ferita che trovò il suo punto più doloroso quando nessun allenatore si presentò per accompagnare la squadra in una trasferta.

    Soli, rifiutati.

    Marco aveva 17 anni e decise di chiudere definitivamente con quel mondo che amava, ma che lo aveva deluso.

    Chi vive nello sport sa quanto questo episodio non sia raro. Consegnare al nulla un adolescente, dopo anni di impegno nelle giovanili, è un fatto di una profonda irresponsabilità. Il tema del drop out sportivo “scelto” dai ragazzi per una richiesta tecnica troppo alta che non si riesce a raggiungere, oppure subita per un taglio esplicito verso i meno dotati e talentuosi della squadra, è grave ed attuale.

    Il modello sportivo concepito come un imbuto che dovrebbe far passare esclusivamente verso lo sport adulto gli atleti più dotati, abbandonando sulla strada gli altri, è un sistema cinico destinato all’impoverimento giovanile.

    Per fortuna, nel caso di Marco, il caso ci mise lo zampino.

    Dopo un anno di pausa, un allenatore di basket che si ricordava di lui, giocatore attento e caparbio, gli chiese di aiutarlo con la sua squadra di bambini.

    Con questa opportunità scoprì quale era la sua vocazione: voler diventare per i bambini quell’allenatore, quel riferimento che lui non ha mai avuto.

    Utilizzò la sua esperienza frustrante di ragazzo per fondare una squadra dove il rispetto per il compagno dovesse diventare sacro, affinché tutti potessero sentirsi parte di un insieme a prescindere da qualsiasi variabile tecnica e personale.

    Dice Marco, quando gli chiediamo del perché ha aderito al Progetto Laureus: Ogni bambino ha diritto di divertirsi e fare sport. Tutti, dal più bravo al meno bravo, dal più ricco al meno ricco, a chi vive condizione di disagio familiare e scolastico […] ciò che mi colpisce della fondazione Laureus è che investe nello sport dei bambini che vivono situazioni particolari proprio perché sono la categoria più debole e indifesa.

    Nella sua amata Ostia c’è davvero bisogno di Laureus.

    C’è bisogno di un modello di fare sport dove educazione e agonismo, attenzione alla persona e l’attenzione all’atleta, si tengano per mano, strette strette senza mai lasciarsi andare, soprattutto quando l’arrivo dell’adolescenza già di per sé allontanerà i giovani dall’occhio vigile degli adulti.

    Marco conclude raccontando dei progressi della squadra che ha costruito insieme alla fondazione Laureus, sia sportivamente ma soprattutto per lo spirito che è riuscito ad infondere nei ragazzi che si cercano, che dialogano con lui, che si ritrovano in palestra che perseguono sfide alle quali dedicare la loro energia.

    Marco ci ha insegnato che talvolta facendo sport si può cadere, ma la forza con la quale ci rialziamo può cambiare l’esito della partita.

    On 01/08/2018
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  • ♦ ABBIAMO FATTO SQUADRA INTORNO AD ESMERALDA

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    20 luglio 2018

    Mi chiamo Daniela e lavoro in una famosa azienda che produce scarpe ed abbigliamento sportivo. Questa mattina non si lavora. Con la mia divisione andiamo a fare una giornata di formazione in una scuola di Gratosoglio estrema periferia milanese. La giornata sarà gestita da Fondazione Laureus.

    Cerco su Google prima la zona. Immagini di un’architettura terrificante. Escono dalla rete decine di progetti e di interventi sociali molto belli e qualche episodio di cronaca nera: soprattutto spaccio, danni all’arredo urbano, bullismo. Mi colpisce un episodio successo anni fa…

    “Mi chiamo Esmeralda, ho sei anni e mezzo. Oggi la maestra ci ha detto che nel pomeriggio verranno dei signori a giocare con noi e ci regaleranno una maglietta. Speriamo non ci parlino troppo a lungo. Io sento un po’ ma poi mi stufo…”

     

    Anni fa proprio in questa zona – legge Daniela – un nonno e la sua nipotina furono uccisi durante un conflitto a fuoco. Un uomo che voleva uscire dal giro della droga inseguendo coloro che avevano appena importunato la sua giovane moglie incinta, sparò cieco di rabbia e colpì i due innocenti che si trovavano nella traiettoria.

    “Speriamo che la maglietta sia bella – pensa Esmeralda ma soprattutto nuova. Io devo sempre mettere quelle delle mie sorelle più grandi. La mamma dice che non devo fare storie. Però quella smorfiosa della mia compagna di banco mi scherza spesso. L’anno prossimo voglio giocare in una squadra di sport. Mi piacciono un po’ tutti. Con le mie compagne andiamo. Speriamo non costi tanto altrimenti la mamma dirà di no”

    Arriviamo alla scuola insieme ai colleghi, dentro è molto curata. Si vede che c’è stato uno sforzo enorme di abbellimento. Chissà se quella bambina il cui padre ha sparato quella volta frequenta questa scuola. Al mattino ci presentano il lavoro della giornata. Imbiancare alcune aule e poi provare dei movimenti che Laureus consiglia per migliorare l’immagine di sé dei bambini. Dice il loro conduttore che se un ragazzo si sente bene all’interno del proprio corpo, coordinato, in equilibrio, capace di una gestualità armonica, porterà con sé le fondamenta sulle quali appoggiare la resilienza che lo sport concorrerà a far sviluppare.

    Incominciamo a muoverci e le proposte riproducono movimenti di animali: il giaguaro che arriva velocissimo e poi si ferma su una gamba sola in attesa dell’agguato, poi l’airone, il canguro, il cavallo. Ad ogni animale corrisponde una diversa coordinazione da interpretare. Poi entra in scena il salto della corda. Bellissimo, mi sento tornare bambina, poi mi chiedono anche di essere creativa, e via a provare numeri da circo.

    “Ho visto dalla finestra i signori che saltavano la corda … che brava quella con la coda di cavallo. Speriamo che al pomeriggio facciano saltare anche noi

    Finito questo divertente allenamento volto ad imparare delle tecniche che cercheremo nel pomeriggio di trasferire ai bambini che incontreremo, ci dedichiamo a dipingere le aule. Hanno scelto dei colori molto belli, bianco e blu, e noi a pitturare come novelli imbianchini intenti a donare un po’ di bellezza a questi futuri uomini e donne.

    “Finalmente la maestra ci dice che possiamo incontrare i signori. La maglietta è bellissima, chiedo tre volte alla maestra se poi ce la lasciano per sempre. Ogni grande starà con un piccolo. Cerco con gli occhi la signora con la coda e vedo che non ha ancora una bambina con sé. La guardo, lei mi sorride”

    Ci presentiamo, la mia bimba è molto carina. Saltella come un grillo. Le mancano due denti davanti. A sei anni e mezzo succede. Le devo insegnare il movimento dell’airone. “Ti ho visto stamattina dalla finestra” mi dice. “Come andavo?” le chiedo. “Sei brava” mi dice.

    Ci muoviamo nello spazio cercando la leggerezza di un volo, poi la velocità di un felino, l’andatura di un cavallo. Saltiamo insieme la corda poi la corda passa sotto le sue ascelle ed incomincia a correre ed io dietro di lei ad incitarla, ma anche a frenarla e guidarla. Il conduttore dice di guidare i bambini sulle strade del mondo con gioia ed attenzione.

    Bellissimo, ci guardiamo sfinite con i sorrisi che reciprocamente ci illuminano il viso. Non l’avrei mai detto – pensa Daniela – di emozionarmi così. Pensa questi di Laureus cosa hanno organizzato!

    Esmeralda non mi toglie gli occhi di dosso, al massimo si allontana di trenta centimetri. Qualche foto ed arriva il momento del saluto. Ci abbracciamo, ma vedo che Esmeralda mi annusa. “Aiuto” mi dico, ma il suo viso mi rassicura e mi dice: “vorrei diventare come te perché sai di famiglia”.

    Laureus è anche questo.

     

    On 20/07/2018
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  • ♦ I BIMBI DI LAUREUS: ESPLOSIONE DI SORRISI PER DIMENTICARE IL TERREMOTO

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    10 luglio 2018

    Il teatro ha un fascino tutto suo, è come una grande, enorme balena. Custodisce nel suo ventre le emozioni dell’artista poi lo scaglia via fuori dal sipario, consegnandolo al mare della sua platea. Immaginate l’intensità delle emozioni che precedono un’esibizione, intense e straripanti eppure compresse nel silenzio, nel controllo, talvolta nella paura. Immaginate tutto questo e poi stravolgetelo: camerini brulicanti, corse nei corridoi, risate fragorose. L’immagine di un venerdì di giugno, nei camerini del Teatro Ventidio Basso di Ascoli Piceno, era esattamente questa: bambini felici.

    Il terremoto ti smuove qualcosa dentro, incrina quell’idea – forse generata dal nostro istinto di sopravvivenza – che ci fa sentire al di sopra del tempo e dello spazio, infiniti e invincibili. Tremano gli oggetti, le mensole, le pareti, il tetto sopra la tua testa. Tremano anche i tuoi genitori e la loro paura è come se ti entrasse nelle vene, non trovi punti fermi da cui ripartire. E ti senti piccolo piccolo, un atomo nell’universo.

    Acquasanta Terme si trova a 30 km dall’epicentro del terremoto che ha colpito l’Italia centrale, si tratta di un piccolo Comune termale in provincia di Ascoli Piceno che conta appena 3.000 abitanti. Proprio come Arquata ed Amatrice, il suo territorio si estende su un’ampia superficie in gran parte montuosa e costellata di 56 piccole frazioni collegate da 230 km di strade, tutte racchiuse fra i Sibillini e i Monti della Laga. Molti di questi borghi e frazioni sono stati distrutti dal sisma, con un numero altissimo di case inagibili per i danni subiti e quasi 700 sfollati. Come è facile immaginare, alla condizione di isolamento psicologico si è aggiunto, specialmente nel periodo invernale, il rischio dell’isolamento geografico dai principali centri limitrofi, fra cui Ascoli. Quando il Project Manager e la psicologa Laureus hanno avvicinato le maestre delle scuole di Acquasanta Terme lo scorso autunno per proporre l’inizio del progetto Polisportiva Acquasanta, il quadro che emerse era quello di bambini incupiti, bambini “con un piede fuori”. Con un piede fuori sono stati, nei mesi successivi al terremoto tutti gli abitanti della cittadina distrutta: seduti a tavola mezzi dentro e mezzi fuori, con un piede composto e l’altro sempre pronto a scappare.
    Psicologicamente molti bambini erano rimasti proprio così, ingabbiati nel terrore che quella furia si ripetesse da un secondo all’altro. E non riuscendo a ripristinare la propria normalità, non c’era gioco che fosse vero gioco o sorriso che fosse vero sorriso: le emozioni restavano tutte soffocate dal bisogno di non abbassare mai la guardia.

    Si iniziò quindi in punta di piedi con due tipi di attività portate dentro le scuole grazie alla Fondazione Laureus Italia Onlus: alle elementari, in orario curricolare, motoria artistica e nel pomeriggio, alle medie, si insegnava pallavolo, due ore settimanali ciascuna, nelle quali favorire il riconoscimento e il rilascio della tensione psicologica attraverso il movimento. A seguito dell’evento sismico, fra l’altro, le scuole del Comune avevano perso le loro palestre e dunque si verificò l’esigenza di organizzare le lezioni di danza nella sala ricreativa delle elementari e gli allenamenti di volley nella tensostruttura di proprietà del Comune, allestita con attrezzatura mobile. Le nevicate e il freddo della montagna picena non hanno certamente intimorito maestro e allenatore, ripagati dal vedere rispuntare, giorno dopo giorno, un sorriso di distensione sui visi dei loro ragazzi. E dopo un anno di “cinque, sei, sette e otto” siamo arrivati a venerdì scorso, dentro la balena delle arti, dentro il meraviglioso teatro Ventidio Basso di Ascoli. Quel brusio eccitato che proveniva dai camerini esprimeva tutta l’impazienza che i bambini posseggono quando vogliono ricominciare da capo un gioco che stava prendendo una brutta piega. Erano impazienti di esibirsi, non chissà quale professionalità – chi se ne importava d’altronde – volevano semplicemente esibirsi, c’erano col pensiero, con tutto il loro pensiero.

    Vederli danzare, supportarsi, sbagliare e ridere sul palco è stata una ricompensa davvero incalcolabile e un momento sicuramente toccante anche per i genitori in platea. Il risultato di questa esperienza è il frutto della passione di tutto il team Laureus, che ha contagiato i maestri Gianluca e Massimo, la maestra Iride, l’associazione Miniera delle Arti di Ascoli, l’Associazione Dimensione Ascoliil Comune di Acquasanta e il suo Vicesindaco Luigi Capriotti, il Dirigente Scolastico dell’Istituto Scolastico Comprensivo Patrizia Palanca. Tutti hanno da subito creduto nel progetto, senza mai risparmiarsi. Il più sentito grazie va ai bimbi, perché loro sono il volto più bello e puro del mondo e vanno protetti, aiutati a rialzarsi. Quando la vita trema, proprio come la terra, bisogna insegnare loro a danzarci sopra, per seguire il ritmo dei suoi movimenti.

    On 10/07/2018
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  • ♦ LIEVITO SPORTIVO #3

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    Lievito Sportivo, una rubrica in pillole che racconta il mondo di Laureus Italia a cura di Gianni Ghidini, coordinatore educativo della nostra fondazione.

    “Non avevo ancora incontrato le sue maestre. Ma il suo ingresso in palestra immediatamente mi colpì, come colpiscono alcune fotografie e non altre  in una mostra. Si chiama Maria (nome di fantasia) ed ha sei anni.  Alterna momenti di titubanza con momenti di esuberanza fuori controllo. Indossa dei vestiti molto stretti per il suo corpicino abbondante. Sulla porta di ingresso della palestra si tira ripetutamente giù la maglietta ed i pantaloncini blu di un materiale tipo spugna verso l’alto nella speranza che i tessuti si allunghino. I pantaloncini effettivamente salgono ma si ritraggono sul sedere, e se alza le braccia immediatamente il suo pancino fugge in fuori con tutta la curiosità della sua giovane età. E’ una lotta, tra pancia e sedere, che ogni tanto Maria abbandona al suo destino mettendosi a correre a più non posso per qualche metro. Poi si ferma ansimante. Quella sua corsa tumultuosa mi inumidisce gli occhi. Maria è pervasa dal desiderio, di esserci, di trovare una sguardo che la possa abbracciare e farla saltare in aria. La corsa della bambina parte con gli occhi grandi alla ricerca di una approvazione, di un incoraggiamento che non trova né nelle sue sensazioni, né nello sguardo di qualche amica. Sono troppo piccoli per sostenersi a vicenda. Serve lo sguardo di un adulto che la capisce, che la legge. Lei non va gran che bene a scuola. La maestra dice che è un po’ insicura e disordinata, come la sua corsa mi vien da dire.”

    Laureus deve far sintonizzare il suo allenatore su questa frequenza. Laureus trova qui la sua profondità. Maria deve incontrare due cose il prima possibile:

    • Uno sguardo che la cerchi mentre corre e che le dica brava Maria, bravissima. Adesso proviamo un po’ ad appoggiare il piede meglio, a spingere con le braccia, a tenere le spalle ….
    • Una bella divisa con dei pantaloncini ed una maglietta che le stiano giuste. Ogni bambina dovrebbe avere il diritto di sentirsi bella mentre corre.

    Se  Maria si sentirà bene con il suo corpo,  se lo sport la conquisterà, diventerà una studentessa migliore, troverà la sua strada attingendo alle risorse interne che nessuno gli porterà via, nemmeno una famiglia  distratta dai troppi problemi che deve gestire. Maria potrà vincere. La maestra la dovrà vederla  correre verso il futuro.”

    On 04/06/2018
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  • ♦ LIEVITO SPORTIVO #2

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    Lievito Sportivo, una rubrica in pillole che racconta il mondo di Laureus Italia a cura di Gianni Ghidini, coordinatore educativo della nostra fondazione.

    “Mi piace molto il vostro spirito, io sono una insegnante e se mi dedica dell’altro tempo, le vorrei raccontare alcuni episodi che forse vi possono interessare… Sono un’insegnante della scuola primaria, con una laurea annessa e qualche volta connessa in psicologia. Ho una quarta elementare molto impegnativa, al punto che spesso vado in crisi perché capisco che su alcuni bambini le mie parole e i miei rimproveri sembrano attraversarli senza lasciare traccia alcuna. Non riesco ad avere presa su di loro, nonostante la mia passione e qualche competenza mi abbiano suggerito strategie diverse, ma con alcuni niente da fare. Soprattutto con due di loro nulla. Sono un mix di disinteresse, di menefreghismo e di indolenza. La cosa che più mi rode è che l’altro pomeriggio, avevo il collegio e sono scesa in palestra perché avevo dimenticato l’ombrello nello spogliatoio. Sentivo delle grida ed ho visto che i miei due “sciagurati” erano alle prese con un allenamento sportivo di judo. Silenziosi, rispettosi, grintosi, quando mi hanno visto che li guardavo mi hanno salutato spalancando gli occhi sorridendo. Non si sono permessi nemmeno di distrarsi per paura forse che il maestro, severissimo mi è sembrato, li riprendesse.

    Che rabbia …. Lei che dice? Devo mettermi il kimono? Perché no, penso, ma non lo dico.”

    Quando Laureus parla di una alleanza educativa, intende dire che l’istruttore di judo ha una sua dignità nel percorso di crescita dei suoi ragazzi e sarebbe opportuno che lei parlasse con lui ad un tavolo congiunto. Il tema di questo tavolo è come far sì che i ragazzi approdino al conseguimento delle competenze trasversali. Senza rinunciare ai saperi, certamente, ma anteponendo a tutto il tema della costruzione di una relazione dove l’adulto è guida, è fascino, è interessante. Dopo questo passaggio allora l’autorevolezza sarà data dai ragazzi, perché nella grande maggioranza dei casi non è più concesso in automatico agli insegnanti ed ai genitori. Lo sport non è esente da questa crisi, ma se l’istruttore è capace ha degli strumenti formidabili in mano per chiudere la relazione in modo positivo.

    Gentile professoressa, deve partire da quegli sguardi dei suoi allievi, quando l’hanno vista sbirciare la loro attività. Hanno sgranato gli occhi e sorriso? Le hanno dato una traccia da seguire. Dica loro che vi incontrerete con l’allenatore e che discuterete insieme come loro possano diventare dei ragazzi sempre più in gamba.  Dica loro che il judo è proprio bello e poi… speriamo che il seme produca frutti.

    On 15/05/2018
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  • ♦ LIEVITO SPORTIVO #1

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    Lievito Sportivo, una rubrica in pillole che racconta il mondo di Laureus Italia a cura di Gianni Ghidini, coordinatore educativo della nostra fondazione.

    “Alcune settimane fa al termine di un’audizione dove presentavamo Fondazione Laureus Italia Onlus ad un municipio del comune di Milano, una signora mi si avvicina e mi chiede:

    <<scusi ha 5 minuti da dedicarmi?>>

    <<Certamente>> le rispondo

    <<Mi ha molto colpito quello che ha detto, ed allora le volevo fare qualche domanda per vedere se ho capito chi siete e che cosa fate>>

    <<Prego…>>

    <<Quindi siete una Fondazione che vive di raccolta fondi e di sponsorizzazioni e siete una fondazione sportiva, ma non fate voi direttamente sport, esatto?>>

    <<Sì…>>

    <<Voi vi proponete di far diventare le associazioni sportive di un territorio sempre più brave, sempre più capaci nel gestire i ragazzi sul piano tecnico, emotivo ed educativo, sostenendo in qualche misura anche la quota di frequenza dei ragazzi?>>

    <<Esatto e nello specifico ci adoperiamo perché gli allenatori diventino capaci di far evolvere le situazioni più complesse dei ragazzini e ragazzine che vengono loro affidati attraverso un progetto educativo/sportivo di squadra>>

    <<Mi è parso di capire che vorreste che lo sport dialogasse con le scuole della zona nella quale operate, perché vi segnalino i bambini che sono a rischio di devianza sociale?>>

    <<Assolutamente sì! Inoltre proponiamo ai docenti una formazione specifica perché vorremmo innanzitutto che lo sport venisse considerato all’interno delle scuole nelle sue caratteristiche più elevate. Vorremmo che la cultura dello sport, tramite il suo potenziale, possa entrare nelle scuole e raggiungere i gruppi di ragazzi fornendo competenze trasversali in termini di autorevolezza ed osservanza delle regole>>

    <<Accompagnate i ragazzi con un vostro tutor, una psicologa dello sport che presidia i percorsi dei ragazzi fornendo una vicinanza sia agli allenatori che agli insegnanti?>>

    <<Sì, monitoriamo il lavoro, cercando di dare concretezza alle buone intenzioni, cerchiamo di realizzare delle nuove pratiche innovative. Far parlare l’insegnante e l’allenatore è una vera novità. Noi ci proviamo con passione e competenza.  Il nostro fine è quello di essere un lievito sportivo che offre ad una comunità educante lo strumento di uno sport evolutivo>>

    <<Credo che ci risentiremo. Sono una insegnante>>

    On 30/04/2018
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