Non avere paura di metterti in gioco!
In un’area periferica come quella di Gratosoglio le opportunità di socializzazione sono molto spesso ridotte. Le scuole e i parchi sono molto spesso l’unico luogo di ritrovo, ma non tutti riescono a sentirsi liberi e a proprio agio in questi contesti. Ed ecco che diventa importante la possibilità di ritrovarsi, invece, in una palestra: nello sport si annullano le differenze e il singolo assume un ruolo tutto nuovo, che ha senso di esistere solo in relazione al gruppo.
Questa è la storia di Emma, una tredicenne che ha scelto di partecipare al progetto “One Team” solo per passare del tempo insieme a un’amica. Nella sua vita, infatti, lo sport non è mai stato una priorità e, prima di One Team, Emma non ha mai avuto la voglia di partecipare ad altre attività pomeridiane. Gli orari di scuola erano già pesanti e stringenti: Emma non vedeva l’ora di tornare a casa e stare nella sua stanza. Tutto il suo mondo era racchiuso lì, in quel cubo da dove non usciva mai se non per andare a scuola.
È grazie alla sua amica Martina, grande appassionata dell’Olimpia Milano, che accetta di prendere parte insieme a lei al progetto One Team. All’inizio Emma dubita di sé stessa, non è convinta di riuscire a mantenere l’impegno preso, che le sembra troppo gravoso.
Martina, però, conoscendo bene la propria amica, è convinta che si tratti solo di paura di mettersi in gioco: per tante persone le novità sono spesso degli ostacoli che appaiono difficili da affrontare, ma una piccola spinta, in questi casi, può davvero fare la differenza.
Martina, dopo una grande opera di convincimento, riesce finalmente a portare Emma in palestra al terzo allenamento: Emma sembra essere spaesata, in un contesto nuovo, con tante facce nuove. Tutto cambia però quando l’allenamento inizia e i coach propongono un esercizio di gruppo: tre ragazzi, disposti a girotondo, devono difendere una bandiera nascosta nella tasca di uno di loro, dall’attacco di un quarto esterno al cerchio. Se il predatore riesce nel suo intento, prende il posto del derubato, il quale diventerà a sua volta cacciatore.
Emma stringe le mani a Martina e Lorenzo e insieme si mettono nella posizione di partenza. Contro di loro, in veste di cacciatore, c’è il coach Domenico. Potrebbe sembrare uno svantaggio ma in realtà Domenico è un po’ impacciato in questo gioco perché anche per lui è la prima volta quando, dopo un paio di tentativi, riesce a strappare la bandiera posta nella tasca di Emma.
È il turno di Emma ad essere cacciatrice: dopo un breve momento di osservazione e alcuni tentativi andati a vuoto, Emma riesce a sfilare la bandiera dalla tasca di Martina.
Da lì in poi è un divertimento unico: Emma si lascia andare e si mette in gioco senza paura e, a fine allenamento, confida a Martina di non essersi mai divertita così tanto. Nelle settimane successive, cresce la sua fiducia nei confronti degli allenatori e fa sempre più amicizia con i compagni, imparando ad apprezzare anche la palestra: quel luogo tanto odiato durante le ore di educazione fisica, in realtà è davvero un posto in cui è possibile imparare, divertendosi.
La storia di Emma è quella di moltissimi ragazzi e ragazze, che, diffidenti di fronte a cambiamenti e novità che alterano la loro routine, fanno fatica a mettersi in gioco fino in fondo e con libertà. In questi casi un aiuto, di un’amica, di un genitore, di un’insegnante, può davvero fare la differenza per dare il coraggio di uscire dalla propria comfort zone e mettersi in gioco in nuove esperienze, scoprendo così che molto spesso sono gli imprevisti e le situazioni improvvisate a nascondere momenti indimenticabili.