Essere “speciali”
Siamo all’interno di Tukiki, un progetto di calcio integrato che dà la possibilità a ragazzi e ragazze con disabilità di vario tipo di mettersi alla prova in un campo da calcio.
Durante un incontro con i ragazzi più grandi del progetto, emerge il tema dell’essere “speciali”: ogni ragazzo è chiamato a dire la propria, provando a definire quali sono le qualità che rendono una persona speciale. Camilla, educatrice e allenatrice, riassume ogni intervento in una parola chiave, che scrive su dei post-it appendendoli su un cartellone a formare un cerchio.
A un certo punto, uno dei ragazzi parla di persone “normali”, differenziandole da sé e dai propri compagni: Camilla non è d’accordo e interviene, scrivendo il proprio nome su un post-it e appoggiandolo al centro del cerchio. “Se io dovessi scegliere dove collocarmi, mi metterei proprio qui, in mezzo a voi. Sarei contenta di avere tutte quelle qualità che secondo voi rendono una persona speciale”.
A quel punto, cala il silenzio. Un silenzio magico e intenso. Il silenzio di chi ha avvertito un amore incondizionato e si sente apprezzato esattamente per quello che è, con i propri pregi e propri difetti, le proprie forze e le proprie debolezze. Lo sport ha questo potere incredibile: creare delle relazioni profonde, di stima, fiducia e rispetto, che abbattono tutte le differenze ed esaltano invece i punti in comune.
A spezzare l’intensità del momento ci pensa uno dei ragazzi, dicendo che secondo lui “speciale” è soltanto chi ha una disabilità più grave della sua: “la mia è una disabilità che si vede, e questo a volte mi dà fastidio, perché allontana le persone, che mi trattano da diverso. Almeno, però, quando vado in posta, salto la fila e passo davanti a tutti”. Ovviamente a queste parole non può che seguire una grande risata di tutto il gruppo, che conclude l’incontro.
Una disabilità è qualcosa che per forza di cose ti rende diverso dagli altri: alcuni scelgono di viverlo come una condanna, altri, anche grazie agli sguardi ricchi di amore e affetto delle persone che incontrano, riescono a capire che non è la disabilità, ma quello che facciamo a renderci speciali. E poi, guardando al lato positivo delle cose, la fila in posta scorre più veloce!